Cairo, anarchia e tradizione
3 partecipanti
Pagina 1 di 1
Cairo, anarchia e tradizione
Pubblico un racconto scritto l'anno scorso, al ritorno da un mio viaggio/reportage tra Egitto e Oasi di Siwa.
Questa parte riguarda il Cairo, che ho voluto descrivere puntando l'accento sul fascino dell'Imprevisto, per la serie siam quelli che credono di partire preparati e invece...
Cairo, anarchia e tradizione
Il Cairo non è come te l'aspetti, più che altro perché non sai cosa aspettarti.
Nella testa hai la percezione di enormi contrasti: da una parte il fascino della storia antica, di cos'era quel popolo e di cos'è adesso. Per cui ti visualizzi piramidi, statue, magnificenza, maestosità, eleganza, cultura, arti&mestieri, misticismo anche.
Dall'altra sai che è una metropoli di circa 20 milioni di abitanti, sai che è la quinta città più inquinata del pianeta, con una cappa costante di smog che vedi e annusi, talmente denso da opacizzare anche il cielo più blu. Sai che troverai anche miseria, povertà, frange di fanatismo, ipocrisia estetica e moda spacciate per religiosità, e una dittatura strisciante venduta per democrazia "oriental style".
Sì perché non parti impreparata sulla realtà delle cose, tantomeno ti fai suggestionare da quello che vogliono noi si sappia: l'Egitto è un Paese democratico, è il luogo comune più noto.
La realtà è un'altra: le presunte libere elezioni svoltesi qualche anno fa, che vedevano la presenza di due liste di opposizione a Mubarak, sono state tali solo sulla carta. I due leader dell'opposizione sono stati arrestati con un pretesto il giorno dopo le elezioni e di loro non c'è più traccia.
Democrazia tra luci e ombre.
Se è vero che l'unico giornale d'opposizione politica è finanziato dal governo, è altrettanto vero che l'omosessualità è punita col carcere: non esiste un articolo vero e proprio, ma i gay sono condannati perché lesivi della pubblica morale con pene da 1 a 5 anni e con invii ai lavori forzati.
Tanto per dare un'idea delle contraddizioni della democrazia egiziana, a fine anno a ogni titolare di auto o patente arriva sempicemente una fattura da pagare, con il totale delle multe rilevate durante i precedenti dodici mesi.
Il tutto senza uno straccio di verbale di accompagnamento né mezza foto, solo la cifra da pagare. E non sono possibili ricorsi: la parola del poliziotto è legge insindacabile.
Altro contrasto incredibile. Il traffico del Cairo, il modo di guidare e l'assenza di ogni minimo controllo stradale, fa sembrare Napoli, al confronto, la Lugano del Codice della strada.
Sulle tangenziali cittadine a 8 corsie - immaginatevi la tangenziale di Milano o il GRA moltiplicate per 4 - ti capita di incrociare la limousine e nella corsia a fianco un carretto trainato da un mulo.
Senza contare la gente che attraversa a piedi: sì, avete letto bene, attraversano anche a piedi. In tangenziale.
Nessuno usa le luci anabbaglianti: la sera girano con le luci di posizione e ogni tanto lampeggiano, ma preferiscono usare il clackson perché ritengono maleducato abbagliare la gente.
Assordarla invece, va bene.
Non esiste assicurazione obbligatoria, in caso di incidenti, ve la cavate da soli.
L'Imprevisto.
Arrivi al Cairo dopo qualche ora di strada nel deserto, passi il casello, entri in città e la prima cosa che noti sono le cime delle piramidi, che sbucano tra un palazzo e l'altro...
Ma come? Le piramidi in città?
Sì. La piana di Giza è in piena città.
Da brava ignorante, quella che qualche riga sopra ha scritto che mica ci arrivi impreparata al Cairo, ti ritrovi lì con la bocca aperta: la Sfinge, Cheope, Chefren e Micerino sono lì, circondate da palazzi e grattacieli, su una piana leggermente in salita che a esagerare raggiungi dopo un chilometro.
Ma il Cairo è così, la città dei contrasti assoluti, totalizzanti: anarchia e tradizione, caoticità e lentezza.
Due costanti che mi porteranno per tutto il tempo passato lì alla ricerca frenetica ma inconsapevole dell'Imprevisto.
E l'occhio lo cerca, lo vuole, lo esige, l'imprevisto... che così no, non riesci proprio a lasciarti vivere quel viaggio: son fatta così quando viaggio, non mi piace il tutto programmato, non mi piace il turistico, voglio quel mix tra minimo garantito dei posti che non puoi evitare di vedere e un'immersione nella vita reale.
E cerco sempre una persona con cui stare, una persona del posto che mi trasmetta affinità immediata: uomo, donna o bimbo non importa.
In Kenia era Cimice, in Uganda era Madhi, in Tanzania era Khelal, qui al Cairo è stata Hoda. Ma di lei parlerò dopo.
L'imprevisto lo trovi in una donna avvolta in un burqa, in una trattoria sul lungonilo sotto a un ombrellone con marchio cocacola. E scatti.
L'imprevisto lo cogli a Saqqara, la primissima necropoli con la piramide a gradoni, in quello spiazzo che ti immagini full of people in agosto mentre ora è deserto: c'è solo un cane lì sdraiato, in posa Sfinge e con la piramide sullo sfondo. E scatti.
L'imprevisto lo trovi nella città dei morti, il cimitero, circondato dalle tangenziali a 8 corsie.
Si tratta di una vastissima area contenente le tombe dei cairoti. La particolarità è che ci vivono dentro. I vivi, dico. Una popolazione di circa 15mila abitanti. Ripeto, di esseri viventi. Che abitano a fianco delle tombe dei loro cari.
Ogni tomba include una stanza per il/i morto/i, una o due stanze adiacenti e/o una corte chiusa, così da permettere ai parenti dei defunti di visitare i propri morti per lunghi periodi, poiché si crede che gli spiriti transitino o si manifestino accanto alla loro tomba fra il giovedì ed il venerdì.
Sta ai piedi della Cittadella, dove sorge la moschea di Mohamed Ali con la sua indescrivibile cupola.
Poi ti trovi davanti un altro imprevisto, forse il più imprevisto di tutti: due occhi verde ghiaccio, su un visino sporco e pieno di croste, e una pelle ambrata... E scatti, scatti, e ancora scatti.
Verrebbero anche le lacrime agli occhi, ma lo sguardo furbo e fiero di quella cucciola, mi fa trattenere.
Hoda, la tradizione e l'anarchia.
Dicevo di Hoda, la nostra guida.
Avevamo appuntamento vicino alla piana di Giza e lei ci aspettava a bordo strada.
Eravamo in sei più l'autista, io ero seduta davanti a fianco dell'autista, perché avevo bisogno di libertà di movimento e finestrino aperto con la possibilità di sedermici sopra per sporgermi fuori.
Lei ha capito, e si è seduta dietro: momenti esilaranti quando, ai vari posti di blocco, i poliziotti si rivolgevano a me credendo fossi io la guida.
Non ho parlato molto in quelle prime ore in giro col pulmino, lei spiegava, io scattavo, gli altri ascoltavano.
Mi ha ripreso solo una volta, all'inizio, con voce dolce e categorica:
"Mi stai ascoltando?"
"Sì. Dicevi che Nefertari era la preferita delle mogli di Ramses II, che l'amava alla follia e che per lei ha fatto costruire un magnifico tempio ad Abu Simbel, ma lei era malata e non ha fatto a tempo a vedere l'inaugurazione del tempio perché..."
"Questo non l'avevo ancora detto."
"Scusa, allora hai ragione, non ti stavo ascoltando."
Anarchica e tradizionalista, con la rivoluzione nel sangue e il sogno, un giorno, di poter toccare la neve.
Due lauree, due figlie. Un'enciclopedia vivente, colta come poche, amica di Magdi Allam prima che lui venisse in Italia.
Affettuosa e avvolgente, magnetica. Ci siamo capite subito. In cosa, non lo so. Semplice affinità e immediatezza confidenziale, forse.
Mi chiamava habibi, che in arabo significa amore.
Non volevo vedere luoghi troppo turistici e lei mi ha accontentata, nonostante le esigenze dei miei compagni di viaggio.
Non volevo andare al Museo egizio, non perché non mi interessasse, ma perché ci si doveva passare dentro mezza giornata e non si potevano scattare fotografie. Uno spreco di tempo, dal mio punto di vista.
E allora "Hoda, please, dimmi dove posso trovare uno street market nei dintorni... Ci rivediamo qua verso l'1."
Tutto un imprevisto in quel tragitto e in quel mercato: persone e colori, odori, sguardi irritati, divertiti, incuriositi, come questa bimba, dallo sguardo già consapevole e annoiato.
L'imprevisto più magnetico è un uomo, seduto su una sedia su un marciapiede, concentrato nella lettura del Corano.
Una foto rubata, con una luce particolare che trasmette il misticismo del momento e la concentrazione nella lettura.
La sera sul Nilo, a cena in battello.
Il trionfo del kitch: velluti, stucchi, lampadari di cristallo, argenteria, moquette pregiate.
Tutt'attorno l'eleganza tipica cairota, da brivido: immaginatevi una festa di mafiosi, intendo una top mafia, con tirapiedi al seguito e signorine compiacenti.
E io in jeansacci, scarpacce e t-shirt sdraiata a terra, di fatto sotto le gonne di quella ballerina, che volevo scattare foto particolari a quella danzatrice il cui viso, da noi, è uguale uguale a quello di un transessuale, un bellissimo trans dalla sensualità resa inevitabile dalla sua consapevolezza.
Il risveglio.
Un albergo in zona piramidi, un grattacielo, 4 stelle, prezzo camera singola: 23 euro.
Un albergo con una terrazza che rivela un panorama inaspettato, all'alba, e ancora all'alba, di giorno, e di notte.
E Hoda, sempre presente. Divertimento e complicità, come quando eravamo sedute in quel caffè, a fumare la sciscia (pipa ad acqua) e ad attendere gli altri, abbagliati dal mercato fatto apposta per i turisti: una specie di outlet di Serravalle dei poveri, versione cairota.
Mi ha parlato dei suoi sogni, dei suoi desideri, della voglia che le cose cambino nel suo Paese ma rassegnata che così non sarà, delle preoccupazioni per le figlie, un po' teste calde: "vestono un giorno all'occidentale, jeans vita bassa, pancia fuori e canotte aderenti e un giorno alla moda nostra, tradizionale, col velo."
"Come sarebbe? Il velo una moda?"
"Sì. Vedi, molto spesso il velo è indossato per comodità, non per motivi religiosi. Pochissime donne da noi vestono così per fede."
"In che senso?"
"Nel senso che la palandrana e il velo sono comodi: ci permettono di nascondere le forme abbondanti, di non preoccuparci della piega dei capelli, e di mettere in risalto viso e occhi. Inoltre, tutto sommato non guasta mostrarsi così, con questo rigurgito religioso in atto non si sa mai..."
"Ma tu vesti mai così?"
"Non esiste".
Donna dal magnetismo inevitabile, avrei voluto passare giorni interi ad ascoltarla, a farmi spiegare passato e presente della sua vita, della sua quotdianità, del suo Paese, della sua gente.
Ma il tempo, maledetto tempo, era poco, davvero troppo poco.
Il commiato da lei è stato intenso: il pulmino che si ferma, lei che prima di scendere scambia saluti e abbracci con gli altri e poi mi dice:
"Non mi saluti?"
"Certo che sì, ma preferisco scendere."
E poi, lì, in mezzo al traffico cairota, una di fronte all'altra, mi dice:
"E per te non è finita qua, lo sai vero?"
"Sì, lo so..."
"Quando ritorni, ti voglio a casa mia e sarai trattata come un'ospite, nel senso vero, nostro, egiziano."
"E qual è la vera ospitalità egiziana?"
"Ritorna al Cairo e lo scoprirai... "
Questa parte riguarda il Cairo, che ho voluto descrivere puntando l'accento sul fascino dell'Imprevisto, per la serie siam quelli che credono di partire preparati e invece...
Cairo, anarchia e tradizione
Il Cairo non è come te l'aspetti, più che altro perché non sai cosa aspettarti.
Nella testa hai la percezione di enormi contrasti: da una parte il fascino della storia antica, di cos'era quel popolo e di cos'è adesso. Per cui ti visualizzi piramidi, statue, magnificenza, maestosità, eleganza, cultura, arti&mestieri, misticismo anche.
Dall'altra sai che è una metropoli di circa 20 milioni di abitanti, sai che è la quinta città più inquinata del pianeta, con una cappa costante di smog che vedi e annusi, talmente denso da opacizzare anche il cielo più blu. Sai che troverai anche miseria, povertà, frange di fanatismo, ipocrisia estetica e moda spacciate per religiosità, e una dittatura strisciante venduta per democrazia "oriental style".
Sì perché non parti impreparata sulla realtà delle cose, tantomeno ti fai suggestionare da quello che vogliono noi si sappia: l'Egitto è un Paese democratico, è il luogo comune più noto.
La realtà è un'altra: le presunte libere elezioni svoltesi qualche anno fa, che vedevano la presenza di due liste di opposizione a Mubarak, sono state tali solo sulla carta. I due leader dell'opposizione sono stati arrestati con un pretesto il giorno dopo le elezioni e di loro non c'è più traccia.
Democrazia tra luci e ombre.
Se è vero che l'unico giornale d'opposizione politica è finanziato dal governo, è altrettanto vero che l'omosessualità è punita col carcere: non esiste un articolo vero e proprio, ma i gay sono condannati perché lesivi della pubblica morale con pene da 1 a 5 anni e con invii ai lavori forzati.
Tanto per dare un'idea delle contraddizioni della democrazia egiziana, a fine anno a ogni titolare di auto o patente arriva sempicemente una fattura da pagare, con il totale delle multe rilevate durante i precedenti dodici mesi.
Il tutto senza uno straccio di verbale di accompagnamento né mezza foto, solo la cifra da pagare. E non sono possibili ricorsi: la parola del poliziotto è legge insindacabile.
Altro contrasto incredibile. Il traffico del Cairo, il modo di guidare e l'assenza di ogni minimo controllo stradale, fa sembrare Napoli, al confronto, la Lugano del Codice della strada.
Sulle tangenziali cittadine a 8 corsie - immaginatevi la tangenziale di Milano o il GRA moltiplicate per 4 - ti capita di incrociare la limousine e nella corsia a fianco un carretto trainato da un mulo.
Senza contare la gente che attraversa a piedi: sì, avete letto bene, attraversano anche a piedi. In tangenziale.
Nessuno usa le luci anabbaglianti: la sera girano con le luci di posizione e ogni tanto lampeggiano, ma preferiscono usare il clackson perché ritengono maleducato abbagliare la gente.
Assordarla invece, va bene.
Non esiste assicurazione obbligatoria, in caso di incidenti, ve la cavate da soli.
L'Imprevisto.
Arrivi al Cairo dopo qualche ora di strada nel deserto, passi il casello, entri in città e la prima cosa che noti sono le cime delle piramidi, che sbucano tra un palazzo e l'altro...
Ma come? Le piramidi in città?
Sì. La piana di Giza è in piena città.
Da brava ignorante, quella che qualche riga sopra ha scritto che mica ci arrivi impreparata al Cairo, ti ritrovi lì con la bocca aperta: la Sfinge, Cheope, Chefren e Micerino sono lì, circondate da palazzi e grattacieli, su una piana leggermente in salita che a esagerare raggiungi dopo un chilometro.
Ma il Cairo è così, la città dei contrasti assoluti, totalizzanti: anarchia e tradizione, caoticità e lentezza.
Due costanti che mi porteranno per tutto il tempo passato lì alla ricerca frenetica ma inconsapevole dell'Imprevisto.
E l'occhio lo cerca, lo vuole, lo esige, l'imprevisto... che così no, non riesci proprio a lasciarti vivere quel viaggio: son fatta così quando viaggio, non mi piace il tutto programmato, non mi piace il turistico, voglio quel mix tra minimo garantito dei posti che non puoi evitare di vedere e un'immersione nella vita reale.
E cerco sempre una persona con cui stare, una persona del posto che mi trasmetta affinità immediata: uomo, donna o bimbo non importa.
In Kenia era Cimice, in Uganda era Madhi, in Tanzania era Khelal, qui al Cairo è stata Hoda. Ma di lei parlerò dopo.
L'imprevisto lo trovi in una donna avvolta in un burqa, in una trattoria sul lungonilo sotto a un ombrellone con marchio cocacola. E scatti.
L'imprevisto lo cogli a Saqqara, la primissima necropoli con la piramide a gradoni, in quello spiazzo che ti immagini full of people in agosto mentre ora è deserto: c'è solo un cane lì sdraiato, in posa Sfinge e con la piramide sullo sfondo. E scatti.
L'imprevisto lo trovi nella città dei morti, il cimitero, circondato dalle tangenziali a 8 corsie.
Si tratta di una vastissima area contenente le tombe dei cairoti. La particolarità è che ci vivono dentro. I vivi, dico. Una popolazione di circa 15mila abitanti. Ripeto, di esseri viventi. Che abitano a fianco delle tombe dei loro cari.
Ogni tomba include una stanza per il/i morto/i, una o due stanze adiacenti e/o una corte chiusa, così da permettere ai parenti dei defunti di visitare i propri morti per lunghi periodi, poiché si crede che gli spiriti transitino o si manifestino accanto alla loro tomba fra il giovedì ed il venerdì.
Sta ai piedi della Cittadella, dove sorge la moschea di Mohamed Ali con la sua indescrivibile cupola.
Poi ti trovi davanti un altro imprevisto, forse il più imprevisto di tutti: due occhi verde ghiaccio, su un visino sporco e pieno di croste, e una pelle ambrata... E scatti, scatti, e ancora scatti.
Verrebbero anche le lacrime agli occhi, ma lo sguardo furbo e fiero di quella cucciola, mi fa trattenere.
Hoda, la tradizione e l'anarchia.
Dicevo di Hoda, la nostra guida.
Avevamo appuntamento vicino alla piana di Giza e lei ci aspettava a bordo strada.
Eravamo in sei più l'autista, io ero seduta davanti a fianco dell'autista, perché avevo bisogno di libertà di movimento e finestrino aperto con la possibilità di sedermici sopra per sporgermi fuori.
Lei ha capito, e si è seduta dietro: momenti esilaranti quando, ai vari posti di blocco, i poliziotti si rivolgevano a me credendo fossi io la guida.
Non ho parlato molto in quelle prime ore in giro col pulmino, lei spiegava, io scattavo, gli altri ascoltavano.
Mi ha ripreso solo una volta, all'inizio, con voce dolce e categorica:
"Mi stai ascoltando?"
"Sì. Dicevi che Nefertari era la preferita delle mogli di Ramses II, che l'amava alla follia e che per lei ha fatto costruire un magnifico tempio ad Abu Simbel, ma lei era malata e non ha fatto a tempo a vedere l'inaugurazione del tempio perché..."
"Questo non l'avevo ancora detto."
"Scusa, allora hai ragione, non ti stavo ascoltando."
Anarchica e tradizionalista, con la rivoluzione nel sangue e il sogno, un giorno, di poter toccare la neve.
Due lauree, due figlie. Un'enciclopedia vivente, colta come poche, amica di Magdi Allam prima che lui venisse in Italia.
Affettuosa e avvolgente, magnetica. Ci siamo capite subito. In cosa, non lo so. Semplice affinità e immediatezza confidenziale, forse.
Mi chiamava habibi, che in arabo significa amore.
Non volevo vedere luoghi troppo turistici e lei mi ha accontentata, nonostante le esigenze dei miei compagni di viaggio.
Non volevo andare al Museo egizio, non perché non mi interessasse, ma perché ci si doveva passare dentro mezza giornata e non si potevano scattare fotografie. Uno spreco di tempo, dal mio punto di vista.
E allora "Hoda, please, dimmi dove posso trovare uno street market nei dintorni... Ci rivediamo qua verso l'1."
Tutto un imprevisto in quel tragitto e in quel mercato: persone e colori, odori, sguardi irritati, divertiti, incuriositi, come questa bimba, dallo sguardo già consapevole e annoiato.
L'imprevisto più magnetico è un uomo, seduto su una sedia su un marciapiede, concentrato nella lettura del Corano.
Una foto rubata, con una luce particolare che trasmette il misticismo del momento e la concentrazione nella lettura.
La sera sul Nilo, a cena in battello.
Il trionfo del kitch: velluti, stucchi, lampadari di cristallo, argenteria, moquette pregiate.
Tutt'attorno l'eleganza tipica cairota, da brivido: immaginatevi una festa di mafiosi, intendo una top mafia, con tirapiedi al seguito e signorine compiacenti.
E io in jeansacci, scarpacce e t-shirt sdraiata a terra, di fatto sotto le gonne di quella ballerina, che volevo scattare foto particolari a quella danzatrice il cui viso, da noi, è uguale uguale a quello di un transessuale, un bellissimo trans dalla sensualità resa inevitabile dalla sua consapevolezza.
Il risveglio.
Un albergo in zona piramidi, un grattacielo, 4 stelle, prezzo camera singola: 23 euro.
Un albergo con una terrazza che rivela un panorama inaspettato, all'alba, e ancora all'alba, di giorno, e di notte.
E Hoda, sempre presente. Divertimento e complicità, come quando eravamo sedute in quel caffè, a fumare la sciscia (pipa ad acqua) e ad attendere gli altri, abbagliati dal mercato fatto apposta per i turisti: una specie di outlet di Serravalle dei poveri, versione cairota.
Mi ha parlato dei suoi sogni, dei suoi desideri, della voglia che le cose cambino nel suo Paese ma rassegnata che così non sarà, delle preoccupazioni per le figlie, un po' teste calde: "vestono un giorno all'occidentale, jeans vita bassa, pancia fuori e canotte aderenti e un giorno alla moda nostra, tradizionale, col velo."
"Come sarebbe? Il velo una moda?"
"Sì. Vedi, molto spesso il velo è indossato per comodità, non per motivi religiosi. Pochissime donne da noi vestono così per fede."
"In che senso?"
"Nel senso che la palandrana e il velo sono comodi: ci permettono di nascondere le forme abbondanti, di non preoccuparci della piega dei capelli, e di mettere in risalto viso e occhi. Inoltre, tutto sommato non guasta mostrarsi così, con questo rigurgito religioso in atto non si sa mai..."
"Ma tu vesti mai così?"
"Non esiste".
Donna dal magnetismo inevitabile, avrei voluto passare giorni interi ad ascoltarla, a farmi spiegare passato e presente della sua vita, della sua quotdianità, del suo Paese, della sua gente.
Ma il tempo, maledetto tempo, era poco, davvero troppo poco.
Il commiato da lei è stato intenso: il pulmino che si ferma, lei che prima di scendere scambia saluti e abbracci con gli altri e poi mi dice:
"Non mi saluti?"
"Certo che sì, ma preferisco scendere."
E poi, lì, in mezzo al traffico cairota, una di fronte all'altra, mi dice:
"E per te non è finita qua, lo sai vero?"
"Sì, lo so..."
"Quando ritorni, ti voglio a casa mia e sarai trattata come un'ospite, nel senso vero, nostro, egiziano."
"E qual è la vera ospitalità egiziana?"
"Ritorna al Cairo e lo scoprirai... "
Re: Cairo, anarchia e tradizione
Bellissime foto
Il vecchio e la bambina.
Sapere cogliere l'attimo.
Due foto così quanti scatti richiedono?
Il vecchio e la bambina.
Sapere cogliere l'attimo.
Due foto così quanti scatti richiedono?
doc- Moderatore
- Numero di messaggi : 113
Re: Cairo, anarchia e tradizione
ciao doc, è come hai detto... ho solo colto l'attimo e purtroppo, sottolineo purtroppo, non ho fatto a tempo a usare la reflex: entrambe sono state scattate con una compatta. al vecchio ho fatto tre scatti, prima che si accorgesse che lo stavo fotografando. alla bimba solo uno, questo che vedi
Pagina 1 di 1
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.