Se 14 vi sembrano pochi.
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Se 14 vi sembrano pochi.
Quattordici anni di processi, almeno 4 se non sbaglio, 23 mesi di carcere; lo sputtanamento mediatico continuato, una vita se non stracciata almeno abbondantemente stropicciata.
Per poi essere completamente assolto da ogni addebito di collusione mafiosa.
Va bene che Calogero Mannino solo per il fattodi essere un ex D.C., e per aver continuato il reato iscrivendosi all'U.D.C., forse meriterebbe il carcere. ma la legge non prevede quel tipo di reato: e meno male che il Mannino avva mezzi ed amicizie prdifendersi e, alla fine uscire dal labirinto giustizialista.
Ma quanti ignoti Calogeri sono ingiustamente condannati per errori dei giudici o per loro voglia di persecuzione?
Per poi essere completamente assolto da ogni addebito di collusione mafiosa.
Va bene che Calogero Mannino solo per il fattodi essere un ex D.C., e per aver continuato il reato iscrivendosi all'U.D.C., forse meriterebbe il carcere. ma la legge non prevede quel tipo di reato: e meno male che il Mannino avva mezzi ed amicizie prdifendersi e, alla fine uscire dal labirinto giustizialista.
Ma quanti ignoti Calogeri sono ingiustamente condannati per errori dei giudici o per loro voglia di persecuzione?
Fast- Admin
- Numero di messaggi : 352
Età : 77
Località : Genova
Re: Se 14 vi sembrano pochi.
Mannino ha dichiarato che il suo vero nemico è il diavolo, dichiara battaglia.
Niente , come in questo caso, potrebbe andare meglio di una testo scacciadiavolo di Bob.
Niente , come in questo caso, potrebbe andare meglio di una testo scacciadiavolo di Bob.
Re: Se 14 vi sembrano pochi.
Fast ha scritto:
Ma quanti ignoti Calogeri sono ingiustamente condannati per errori dei giudici o per loro voglia di persecuzione?
Molti.
E non solo per i motivi che adduci.
In campo politico credo,dall'epoca del "terrore",sia prevalsa soprattutto
la...voglia di potere.
Un potere assoluto,che la Magistratura si è arrogata,in contrasto con il dettato
della Costituzione .
Senza mai pagarne il fio.
Gasparri definì"Cloaca" il CSM.
Poco politically...ma qanto vero!!!
missmarple
missmarple- Moderatore
- Numero di messaggi : 111
Re: Se 14 vi sembrano pochi.
INDULTO E AFFOLLAMENTO
Delle carceri e delle pene
di Piero Ostellino
E' una notizia che dovrebbe far riflettere non solo sul livello di efficienza del nostro sistema carcerario, ma sul tasso stesso di civiltà del Paese. Il presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano, come scrive Luigi Ferrarella oggi sul nostro «Focus», ha chiesto al ministro della Giustizia che cessino in alcuni reparti di San Vittore e nel carcere di Monza le attuali condizioni di esecuzione della pena. A San Vittore, ci sono sei persone in celle di tre metri per due, che dormono in letti a castello tripli e che, perciò, non possono stare in piedi contemporaneamente. A Monza, i detenuti dormono sui materassi per terra, fra gli scarafaggi.
Scriveva Cesare Beccaria oltre 250 anni fa: «Quando si provasse che l'atrocità delle pene... fosse solamente inutile... essa sarebbe non solo contraria a quelle virtù benefiche che sono l'effetto d'una ragione illuminata... nella quale si faccia una perpetua circolazione di timida crudeltà, ma lo sarebbe alla giustizia» ( Dei delitti e delle pene, 1764-1769). Charles de Montesquieu: «La pena non discende dal capriccio del legislatore, ma dalla natura delle cose; e non è affatto l'uomo che fa violenza all'uomo » ( L'esprit des lois, 1748).
I detenuti nelle nostre carceri — che per essere in regola ne dovrebbero ospitare 43.084 — sono 57.239. Poiché crescono di mille al mese, a febbraio supereranno quelli alla vigilia dell'indulto (61.264, il 30 giugno 2006). Basterebbero queste cifre per provare che: 1) l'indulto non ha avuto gli effetti sperati; 2) la situazione è tornata a essere quella di prima e, fra pochi mesi, peggiorerà; 3) l'indulto, che è bersaglio di polemica politica, non era poi stato una decisione del tutto campata in aria, ma rispondeva sia all'invocazione alla più elementare carità cristiana verso esseri umani costretti a vivere in condizioni disumane, rivolta da Giovanni Paolo II al Parlamento il giorno della sua visita, sia a un'esigenza reale, più volte denunciata nelle battaglie condotte dai radicali.
Poiché la sospensione della pena pare impensabile e il trasferimento dei detenuti in soprannumero a Milano e a Monza in altri stabilimenti — sovraffollati quanto i due — poco praticabile, non resterebbero che la ristrutturazione delle carceri più disastrate (come è già stato fatto in parte a San Vittore) o la costruzione di altre. I soldi, e il tempo, scarseggiano.
Ma non si tratta solo di un problema contabile e congiunturale. Decidere se sia prioritario l'aiuto alle imprese in difficoltà per la crisi economica; ovvero se lo debba essere la soluzione della situazione in cui versano le carceri. Il dilemma è culturale, prima che politico. Riguarda il Paese nel quale vogliamo vivere. Se in un sistema che contemperi la logica di mercato — per la quale spetta soprattutto al mondo della produzione risolvere i propri problemi — con la funzione dello Stato, cui spetta, fra gli altri, il compito di perseguire la sicurezza nella giustizia. Per Luigi Einaudi, il liberalismo economico era «una tesi morale». Egli avrebbe respinto una sopravvivenza del capitalismo che fosse frutto di elargizione pubblica e non dello sforzo degli uomini. Ma anche evitare che la giustizia diventi — per dirla con Montesquieu — «l'uomo che fa violenza all'uomo» è una tesi morale.
23 ottobre 2008
Delle carceri e delle pene
di Piero Ostellino
E' una notizia che dovrebbe far riflettere non solo sul livello di efficienza del nostro sistema carcerario, ma sul tasso stesso di civiltà del Paese. Il presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano, come scrive Luigi Ferrarella oggi sul nostro «Focus», ha chiesto al ministro della Giustizia che cessino in alcuni reparti di San Vittore e nel carcere di Monza le attuali condizioni di esecuzione della pena. A San Vittore, ci sono sei persone in celle di tre metri per due, che dormono in letti a castello tripli e che, perciò, non possono stare in piedi contemporaneamente. A Monza, i detenuti dormono sui materassi per terra, fra gli scarafaggi.
Scriveva Cesare Beccaria oltre 250 anni fa: «Quando si provasse che l'atrocità delle pene... fosse solamente inutile... essa sarebbe non solo contraria a quelle virtù benefiche che sono l'effetto d'una ragione illuminata... nella quale si faccia una perpetua circolazione di timida crudeltà, ma lo sarebbe alla giustizia» ( Dei delitti e delle pene, 1764-1769). Charles de Montesquieu: «La pena non discende dal capriccio del legislatore, ma dalla natura delle cose; e non è affatto l'uomo che fa violenza all'uomo » ( L'esprit des lois, 1748).
I detenuti nelle nostre carceri — che per essere in regola ne dovrebbero ospitare 43.084 — sono 57.239. Poiché crescono di mille al mese, a febbraio supereranno quelli alla vigilia dell'indulto (61.264, il 30 giugno 2006). Basterebbero queste cifre per provare che: 1) l'indulto non ha avuto gli effetti sperati; 2) la situazione è tornata a essere quella di prima e, fra pochi mesi, peggiorerà; 3) l'indulto, che è bersaglio di polemica politica, non era poi stato una decisione del tutto campata in aria, ma rispondeva sia all'invocazione alla più elementare carità cristiana verso esseri umani costretti a vivere in condizioni disumane, rivolta da Giovanni Paolo II al Parlamento il giorno della sua visita, sia a un'esigenza reale, più volte denunciata nelle battaglie condotte dai radicali.
Poiché la sospensione della pena pare impensabile e il trasferimento dei detenuti in soprannumero a Milano e a Monza in altri stabilimenti — sovraffollati quanto i due — poco praticabile, non resterebbero che la ristrutturazione delle carceri più disastrate (come è già stato fatto in parte a San Vittore) o la costruzione di altre. I soldi, e il tempo, scarseggiano.
Ma non si tratta solo di un problema contabile e congiunturale. Decidere se sia prioritario l'aiuto alle imprese in difficoltà per la crisi economica; ovvero se lo debba essere la soluzione della situazione in cui versano le carceri. Il dilemma è culturale, prima che politico. Riguarda il Paese nel quale vogliamo vivere. Se in un sistema che contemperi la logica di mercato — per la quale spetta soprattutto al mondo della produzione risolvere i propri problemi — con la funzione dello Stato, cui spetta, fra gli altri, il compito di perseguire la sicurezza nella giustizia. Per Luigi Einaudi, il liberalismo economico era «una tesi morale». Egli avrebbe respinto una sopravvivenza del capitalismo che fosse frutto di elargizione pubblica e non dello sforzo degli uomini. Ma anche evitare che la giustizia diventi — per dirla con Montesquieu — «l'uomo che fa violenza all'uomo» è una tesi morale.
23 ottobre 2008
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